giovedì 24 aprile 2008

Ultima messa

Ci prepariamo a celebrare l'ultima messa in Terra Santa nella bella terrazza dell'hotel. Bello. Abbiamo visitato decine fra basiliche, cappelle votive e santuari, macinando chilometri dal nord al sud del paese, eppure c'e' sempre una chiesa ancora da visitare, dentro cui fare festa e quella chiesa siamo noi. Il pellegrinaggio, da questo punto di vista, non finisce mai, anche se l'emozione e la tensione che si respira nell'aria, sembra dirci il contrario.

Questa sera s'e' levato un vento freddo. Scendo a prendermi una maglia, mentre le donne preparano con cura l'altare, utilizzando una tovaglia bianca e dei fiori presi a prestito da due o tre camere. Il Don predispone le particole dentro ad un piccolo calice, che deve pesare come il piombo, visto che e' l'unico oggetto che sembra non avere alcuna intenzione di volare via. Il nostro andirivieni finisce con lo scoraggiare il gruppo di francesi che si era riunito nella stanza che da sulla terrazza. Ne approfittiamo per occupare anche quella e sistemare le candele, che non possono rimanere accese con quest'aria gelida. Le infiliano ordinate una vicina all'altra dentro cocci di ceramica, formando il disegno di una croce. Quando tutto e' pronto, spegniamo la luce della stanza e accendiamo le nostre "lampade"; quindi, seguiamo il Don il processione cantando e prendiamo posto in terrazza. Di fronte a noi, il dolce scintillio delle luci di Betlemme.

Le candele rimangono accese per poco, qualcuno difende strenuamente la piccola fiamma. Nel tentativo di riaccendere la mia, impiastro di cera le mani di Manuela e il pavimento sotto le nostre sedie, scoprendo tra l'altro che non si tratta di normale cera, bensì di una cera fatta di olio profumato, molto difficile da rimuovere! Un disastro. La messa si dipana tra canti e preghiere, leggiamo diversi brani del vangelo, in vari punti della celebrazione, per dare modo a chi manca di fare la propria riflessione.

A Biste tocca il brano della guarigione del cieco nato. Nel riflettere su questo brano, Luca spiega di essersi immedesimato con il cieco, che qui e' la figura piu’ importante. Un uomo pronto a riconoscere chi lo aiuta e a difendere il suo benefattore di fronte a quanti lo accusano. Sa rendere onore e sa anche ringraziare: "Cosi’ anch'io ringrazio voi ed in particolare Marina e Luciano, che nei momenti di buio hanno saputo donare luce alla mia vita". Chiude con una riflessione originale sul fango: Gesu' lo usa per guarire, Dio per creare l’uomo. Il Signore vede bellezza anche nelle cose piccole, umili. Marina, nel frattempo, ci propone una sua personale interpretazione del diluvio universale (leggi = lacrime a profusione).

A Beppe tocca il commento del brano dell'adultera. Lo colpisce la pacatezza di Gesu’, che, dopo aver scelto il bene a discapito delle regole scritte, rimane tranquillo di fronte alle provocazioni dei farisei. Com'e' difficile saper perdonare!

Giannina ha il brano che racconta l'incontro con Maria di Betania. Quanta emozione nella sua voce! Inizia parlando del coraggio di Maria, poi ringrazia tutti, dicendo: "Questo viaggio mi ha riempito dentro".

Bruno ci regala la sua riflessione sul brano della presentazione al tempio, dal quale coglie principalmente due aspetti. Il primo e’ quello della sacralita’ della vita: i figli non ci appartengono e devono percorrere liberamente la loro strada. L’altro ha a che fare con l'atteggiamento di Maria, descritto in piu' passi del Vangelo: "serbava tutte queste cose dentro di se". Anch’io, spiega Bruno, non sono abituato a manifestare i miei sentimenti e mi tengo dentro sensazioni e pensieri. Anche per questo, ieri, ho reagito alle vostre manifestazioni di entusiasmo, con un'uscita di segno opposto. Mi scuso ancora se, senza volerlo, ho offeso qualcuno.

A Roberto spetta il brano della buona samaritana. Parte spiritosamente facendoci notare che Gesu’ chiede dell'acqua con dei modi un po' bruschi. Poi, si fa serio e aggiunge che Gesu' non era li’ per caso, cosi' come non e' una caso che questo brano sia arrivato nelle sue mani. Mi stupisco, continua Roberto, del fatto che la donna accetti subito il dialogo con il Signore: nonostante che ci separino 2000 anni di storia e civilta', mi sento piu’ ottuso di lei! Avrei accolto anch’io il Signore in modo cosi' pronto? Se non lo facessi, perderei tanto. Vorrei saper essere come lei, che non si vergogna della sua condizione di peccatrice e corre al villaggio per annunciare a tutti le meraviglie compiute dal messia.

"Un gesto bello e’ un gesto buono". Queste le parole del Don, prima di compierne uno davvero particolare che ha il profumo della consacrazione. E "profumo" è il termine più appropriato, poichè, passando da ciascuno, ci unge le mani con olio profumato, chiamandoci per nome. Ed è emozionante sentirsi chiamare per nome, perche' richiama quel passo del vangelo della resurrezione che mi aveva gia' fatto venire i brividi un paio di giorni fa. Alla Roby, la nostra super-chierichetta, il compito di ungere le mani del Don. Torneremo a casa profumati. Tutti.

Anche Don Luciano tira le fila del pellegrinaggio: le sue parole sembrano quasi una confessione. Nonostante gli incidenti di percorso, che non gli hanno permesso di preparare tutto quello che avrebbe voluto, il pellegrinaggio è stata l'esperienza che lui si era immaginato. Da tempo pensava a questo viaggio come il modo per salutare la sua comunità. Ma ora Dio ha scombinato di nuovo le carte e a lui, in fondo, sta bene cosi'. Anche questa è grazia di Dio, quell'aiuto nei momenti difficili di cui ci parlava Suor Lucia alla piscina probatica.

Le parole del Don ci incantano, una volta di piu'. Claudio e Luca gli manifestano apertamente la loro gratitudine per quanto ci ha saputo dare nell'arco di questi sette giorni di cammino spirituale comune. Se in questo pellegrinaggio abbiamo visto il volto di Cristo, e' perche' da qualche parte ce lo ha disegnato Don Luciano, con la sua mano ferma, con l'esempio concreto e le parole, con i canti e gli stimoli continui alla preghiera, alla meditazione delle scritture, con i gesti preparati con cura, prima della partenza e con la sua gioia traboccante di Gerusalemme. E' il pensiero di tutti e tutti gliene siamo infinitamente grati.

La serata sembra finita e invece il Don si ricorda che c'e' ancora un'ultima riflessione da sentire. Tocca a me il compito (gravoso, dopo gli attimi di perfetta armonia col gruppo vissuti dopo le parole del Don) di chiudere il giro con il commento al brano dell'incredulita' di San Tommaso. Tommaso... il discepolo al quale, crescendo, ho finito con l'assomigliare di piu', visto che faccio fatica a credere alle cose di cui non ho una chiara evidenza ("sono uomo di numeri..."). Il pellegrinaggio mi ha fatto, tuttavia, riscoprire - anche attraverso la sofferenza provata sul lago di Tiberiade - la bellezza delle verita' che sono scritte dentro il nostro cuore. Verita' ignorate, dimenticate o sconosciute all'uomo di oggi che e' tutto proiettato all'esterno, cioe' a cio' che per molti versi sta in superficie. Verita' da coltivare, per riuscire, un giorno, a salire quell'ultimo gradino che manca per avere completa fiducia in Dio.

Manu dice che dopo tanto volare alto, ci voleva qualcuno che riportasse tutti con i piedi per terra.Rompiamo le righe e il primo che mi avvicina e' Antonio, che, con fare complice e sogghignando, mi dice: allora non ero solo io, l'unico infiltrato qui dentro?!? Celebriamo con applausi le date importanti per ciascuno di noi: compleanni e anniversari (tra cui quello di Bruno e Luisa). Ma la festa piu' grande e' riservata a Suor Lucia: 25 anni di consacrazione non sono mica uno scherzo! Taglio della torta e bibite per tutti. Cosa si puo' volere di piu'?

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