domenica 20 aprile 2008

Cafarnao

All'ingresso del sito di Cafarnao (Kfar Nahum), gestito dai frati francescani, ho ancora qualche noia per via dei miei shorts: certo che la nostra guida poteva avvertirci che da queste parti si gira solo coperti fino alle caviglie! Probabilmente si tratta solo di un pro-forma, ma ci tengono e lo fanno rispettare. Fortunatamente, Tina ha un foulard da prestarmi e me lo avvolge attorno alle gambe e la guardia mi lascia passare. Il risultato pero' e' un po' ridicolo perche' il foulard è corto e mi cade in continuazione: mi tocca camminare facendo piccoli e incerti passi fra le risatine delle signore. Dalla cintola in giu', mi si potrebbe anche scambiare per una geisha (vabbe', ci vuole anche un po' di fantasia, nella vita! :-)).

Il Don e’ raggiante. Durante la celebrazione della messa, ci confida il suo stupore e la sua gioia per aver ritrovato questi luoghi (la sua prima volta in Terra Santa fu nel '93) come rifioriti, forse merito degli interventi eseguiti durante il Giubileo. Persino le vesti talari profumano di bucato appena fatto. La messa mi emoziona. La chiesa in se' e' molto suggestiva: sotto i nostri piedi, attraverso il pavimento a vetro, si intravvede la casa di Pietro, la prima chiesa della storia ("su questa pietra costruiro’ la mia chiesa"). Il brano del vangelo, non a caso, è quello della casa sulla roccia.

Il commento e' di Luisa: le fondamenta della nostra fede ci sono state donate dai nostri genitori e in questo non abbiamo alcun merito. Ogni giorno sta a noi impastare i mattoni con i quali costruire la nostra casa. Per cuocerli, abbiamo a disposizione un forno "speciale", cioe' la nostra famiglia e i nostri amici. Al fuoco provvede Dio, che ci dona la fede, senza la quale non potremmo fare nulla di buono e solido.

Fuori dalla chiesa, sorgono le rovine dell'antica città di Cafarnao. Ci disponiamo in cerchio all'ombra, tutti attorno a Vittorio, che ci da qualche cenno storico a riguardo di quello che stiamo per visitare. L'antico frantoio ("getsemani", in aramaico) dimostra che questo era un centro dedicato principalmente all'aricoltura (nonche' alla pesca, per via del lago), ma sono evidenti anche le tracce delle floride attivita' commerciali che dovevano caratterizzare questo centro ai tempi di Gesu'. L'olio era il prodotto piu' ricercato, se ne consumavano grandi quantita': serviva per l'alimentazione, ma anche per l'illuminazione (ricordate la parabola delle dieci vergini con le lampade ad olio?), per i medicamenti e persino come cosmetico. Il candelabro a sette punte scolpito su una roccia certifica che qui vivevano degli ebrei. Al centro del sito archeologico, ne abbiamo una ulteriore conferma nei resti di una antica sinagoga. Prima di tornare verso il pullmann, diamo uno sguardo da vicino alle rovine che si trovano sotto la chiesa francescana.

L'ultima tappa della mattinata e' il Santuario dedicato al Primato di Pietro, l'apostolo a cui Gesu' affido' la Chiesa nascente, dopo l'episodio della seconda miracolosa pesca. Il santuario fu costruito inglobando la roccia sulla quale - secondo la tradizione - Gesu' risorto apparve ai discepoli che rientravano con la loro barca. Gesu' per tre volte chiede a Pietro "Mi ami?" e Pietro risponde per tre volte in modo affermativo. Quanto deve essere stato difficile, mi chiedo, sostenere il peso di quelle domande. Gesu' non si accontenta di una risposta, ma vuole sondare, capire fino a che punto Pietro potra' sostenere il suo sguardo penetrante. Ma come si fa a guardare il Signore Dio negli occhi e non rimanerne profondamente turbati? Pietro, che ama sinceramente Gesu', ma conosce anche i limiti della sua condizione umana, alla fine crolla e si addolora di non poter essere all'altezza di quella gravosissima prova. Il dolore di Pietro sta nel sapere di non poter promettere al suo Dio un amore saldo: del resto, in passato, per ben tre volte lo aveva rinnegato! Credo che Gesu' a quel punto si sia commosso e con quel pasci le mie pecore gli abbia voluto testimoniare una fiducia e un'amicizia incommensurabili.

Tocca a Manuela commentare il Vangelo. Un po' in preda dell' "imbranazzo" (come lo chiama spiritosamente lei) per il fatto di essere in piedi davanti a tutti, comincia il suo discorso a braccio, notando che Gesu' e' apparso ai discepoli nel pieno della loro routine di pescatori. Anche l'ascensione al Tabor deve essere nata come una normalissima camminata in montagna tra amici. A volte pesa fare ogni giorno le stesse cose. Ci si sente inadeguati di fronte alle ambizioni di una vita dedicata a obiettivi più alti. Ma e' proprio nella vita quotidiana che Gesu' ti offre i suoi doni. E' li' che ti regala la forza di accettare le avversita' ed e' li' che ti da la gioia di condividere i successi con le persone che ti stanno accanto. Gesu' dona la motivazione per proseguire sulla propria strada e fare quello che ti chiede di fare.

Quindi e' la volta di Massimo, che fa una riflessione sulla propria esperienza di cristiano inserito in una societa' in cui non e' facile esprimere i valori che Gesu' ci ha insegnato. Eppure, ci vuole piu' coerenza al messaggio evangelico, proprio a partire dal nostro quotidiano: nel lavoro, nella famiglia, con gli amici.

La mattina si chiude con un altro "segno" (ormai non e' cosi' piu' difficile coglierli, e' come se ci avessi fatto l'occhio). Questa volta arriva attraverso l'altra Manu. Tra me e una persona su una sedia a rotelle, dovrebbe essere facile scommettere su chi dei due ha piu' bisogno dell’altro, per poter pellegrinare da un santuario all'altro. E invece no! Scommettendo sul sottoscritto, avreste perso! Per poter accedere all’area della chiesa del Primato, sempre a causa dei controlli sull'abbigliamento dei fedeli, ho avuto bisogno di coprire le gambe con il grande foulard blu che mi ha gentilmente prestato.

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